Una prigione senza sbarre

Agosto 29, 2019



L’ambiente scolastico per me è sempre stato una fonte di forte stress.

Alle elementari, le maestre non facevano altro che ripetere ai miei che io non mi impegnavo abbastanza, che ero distratta e che così facendo non avrei combinato nulla nella mia vita. Tutto ciò ha influito anche sull’ambiente familiare, dove mia mamma mi sgridava se non riuscivo a fare i compiti e mio padre perdeva sempre più interesse nei miei confronti, deluso dalla figlia che non rappresentava i suoi ideali.

La cosa è andata avanti fino in quinta elementare, quando un’insegnante di sostituzione ha suggerito a mia mamma di portarmi da un pedagogista perché secondo lei io ero dislessica.
Aveva ragione.
Mia mamma, venuta a conoscenza della mia situazione, si è sentita in primis in colpa con sé stessa per i modi con cui mi aveva trattata; poi si è arrabbiata con i miei maestri perché dovevano rendersene conto ben prima che il mio non era un semplice problema di disattenzione.

Alle medie la situazione non è migliorata, anzi, è peggiorata sensibilmente. La maggior parte degli insegnanti non teneva conto del mio “problema” e i miei compagni di classe usavano la dislessia per farmi sentire una nullità, un’idiota che non capiva le cose. Sono stati anni pieni di umiliazioni, sia da parte degli altri bambini, sia da parte degli adulti che avrebbero dovuto aiutarmi e non denigrarmi.

I primi atti di bullismo sono iniziati in seconda media, ed in terza la situazione era diventata per me insostenibile. Ragazzi che io non conoscevo venivano a spingermi e a prendermi in giro mentre i professori facevano finta di non vedere nulla. Inoltre, le poche ragazze che dicevano di essermi amiche, in quelle situazioni sparivano.

Da quell’anno ho iniziato a soffrire di disturbi alimentari e di depressione: mangiavo tanto perché mi dava conforto e il cibo era diventato il mio unico amico. Quindi ho iniziato ad ingrassare, creando in questo modo un altro pretesto per prendermi in giro.
Era la depressione però il problema maggiore perché era sempre presente, come un’enorme ombra che mi seguiva ma che avevo imparato a nascondere bene agli occhi degli altri.

Avete mai provato il forte desiderio di morire? Io a 12/13 anni volevo suicidarmi e non l’ho fatto solo perché volevo trovare un modo per andarmene senza sentire alcun tipo di dolore.
Almeno nella morte non volevo soffrire.

Per smettere di sentire tutte queste cose, ero riuscita a diventare un guscio vuoto, priva di emozioni se non di tristezza e rabbia repressa. Questo mi ha aiutata a superare l’ultimo di anno delle medie, fare l’esame e andare alle superiori. Qui le cose sono “migliorate” perché era una classe solo di ragazze e, almeno nel mio caso, le prese in giro venivano fatte alle spalle, quindi non sentivo in modo diretto cose sul mio conto.

A scuola però io avevo smesso di impegnarmi. Non avevo brutti voti, però non studiavo molto perché mi sentivo stupida, brutta e a disagio. Gli unici momenti in cui non mi risuonavano in testa le frasi “sei una balena”, “sei una stupida”, “come sei grassa”, “non sei dislessica, sei scema”, era quando stavo con gli amici perché spegnevo per un attimo i pensieri. Infatti, in quegli anni ho fatto amicizia con alcune persone, soprattutto al di fuori della mia scuola, che mi hanno aiutata un po’ ad uscire dal guscio e a riscoprire alcune piccole gioie.

Poi mi sono iscritta a giurisprudenza, più per compiacere mio padre che per mio vero interesse personale. Nel mio caso, imparare a memoria qualcosa è sempre stato complicato e in quel corso dovevo studiare un’enorme mole di concetti in questo modo, per cui alla fine rimasi indietro con gli studi, passando 6-8 ore al giorno a studiare per preparare un singolo esame che la maggior parte delle volte non avrei passato. Perciò, avevo iniziato a soffrire di attacchi di panico e i ricordi delle medie e le parole degli insegnanti erano tornati ad investirmi come un’onda anomala.

A 22 anni però è scattato qualcosa nella mia testa: dopo uno degli attacchi di panico peggiori che io abbia mai avuto, ho deciso di dire basta. Sono andata a togliere la mia iscrizione dall’università, mi sono fatta il piercing all’ombelico e ho deciso di non voler più cercare l’approvazione di nessuno. Poi, alla fine dei miei 23 anni ho deciso di chiedere un aiuto psicologico perché da sola non riuscivo comunque a superare i traumi passati.

Oggi ho 24 anni e sono più tranquilla. Non ho superato ancora tutte le cose e alcune situazioni come lo stare in mezzo alla folla, avere attorno degli adolescenti oppure essere toccata da qualcuno che non sia il mio ragazzo o la mia migliore amica mi manda in crisi, però inizia ad andare meglio.

Racconto la mia storia per dire che la scuola dovrebbe insegnare non solo le nozioni scolastiche ma anche come ci si comporta nel mondo reale, dove alcune cose non dovrebbero essere permesse; la scuola dovrebbe essere un luogo dove gli insegnanti non siano a loro volta dei bulli; la scuola dovrebbe insegnarti a costruirti un paio di ali per volare e realizzare i tuoi sogni.

La scuola non dovrebbe essere una prigione senza sbarre.

Ilaria Morino


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