
Un fr*cio esuberante
Gennaio 13, 2019
Ho deciso di raccontare questa storia solo ora proprio perché fino a qualche settimana fa non ero stato in grado di comprendere quanto certe parole e azioni rivoltemi da altre persone durante la mia adolescenza potessero aver influito sulla mia vita personale e sul mio carattere.
Durante un colloquio con uno psicologo al quale mi ero infatti rivolto per risolvere semplici questioni private, sono stato “rimproverato” per aver trascurato durante gli anni le cose che ora andrò a raccontare.
Non so dire esattamente i motivi per cui io sia sempre stato preso di mira dai compagni di classe, dai compagni di calcio, dai ragazzi del catechismo e persino dagli amici che io definisco “della vita” con i quali mi ritrovavo a giocare ogni pomeriggio finite le lezioni pomeridiane. Forse la mia “R” moscia molto accentuata, forse la mia voce che, fino ai 15 anni, era poco virile o forse il mio carattere un po’ esuberante hanno contribuito a tutto questo, fatto sta che spesso e volentieri il soggetto preferito di scherzi, prese in giro e offese ero io.
Mi basta pensare quando, all’età di circa 6/7 anni, mi venne fatto credere di aver bevuto dell’acqua avvelenata che mi avrebbe fatto morire nell’arco di un paio d’ore, oppure quando venni rinchiuso, durante una partita a nascondino, all’interno di una botola profonda 2 metri completamente buia e piena di ragnatele e ragni.
O successivamente quando, in vacanza con la mia famiglia in una località di montagna, venni preso in giro da una scolaresca che giocava a pallavolo a fianco all’albergo in cui alloggiavo, il tutto per via del mio buffo modo di parlare.
Ricordo bene come già questi episodi generavano in me una reazione negativa, spesso rabbia, lacrime o semplicemente la consapevolezza che, se i miei “amici della vita” avessero voluto prendere ancora in giro qualcuno, quello sarei stato di nuovo io.
Le cose sono continuate poi crescendo; all’età di 7 anni ho incominciato a giocare a calcio, e non ci è voluto molto prima che le prese in giro sulla mia “R” moscia ricominciassero e prima che un nuovo insulto venisse a galla. Per 4/5 elementi della mia squadra infatti, sembrava divertente offendermi dandomi sovente del “fin**chio” o del “fro*io”, solamente ed esclusivamente per il mio carattere molto allegro e la mia parlata un po’ “strana”. E sono sincero, di certo la cosa non faceva piacere, ma non ci ho mai dato un peso eccessivo, a dimostrazione del fatto che la cosa fosse poco ovvia ai miei occhi fino a qualche tempo fa.
Ricordo addirittura di quando, all’età di circa 12/13 anni, trovai una scritta fatta con un pennarello nero sopra uno scivolo di un parco giochi che recitava: “Chi pensa che P. sia un fro*io di me*da, metta una X qui”, il tutto seguito da una quantità esagerata di croci, forse fatte da persone diverse, o forse fatte dalla stessa persona che creò il “simpatico sondaggio”. Ad ogni modo, superavano le 50 unità.
Inoltre, ho giocato a calcio sino all’età di 18 anni e, nonostante crescendo la cosa si stesse attenuando, ricordo battute sulla mia presunta omosessualità anche quando iniziai a frequentare le prime ragazze.
Ci tengo a precisare che molte volte questi commenti uscivano dalla bocca di persone che mi volevano bene, che magari sono tuttora amici con i quali esco al sabato sera, ma che non si rendevano conto di quanto certe parole possano causare disagi e fare male.
Di tutto quanto raccontato infatti ne ho risentito nella mia vita personale: sono tuttoggi una persona molto insicura, con evidenti difficoltà a prendere decisioni da solo e che si trova sovente a patire situazioni prima universitarie e ora lavorative nelle quali un po’ di personalità e sicurezza in più non farebbero male.
So bene che esistono cose ben peggiori di quelle subite durante la mia adolescenza, ma ho deciso di riportare queste righe nella speranza che un ipotetico lettore possa prenderne spunto per non comportarsi come certe persone, in passato, hanno fatto con me.