Svergognata

Settembre 15, 2020



Ho cominciato a guardarmi allo specchio, un anno fa.

Prima non lo facevo quasi mai, a parte quando dovevo truccarmi. Non guardavo mai il mio corpo perché portava con sé troppe cicatrici: cicatrici visibili date da anni di busto che comprimeva sulla mia pelle, anni di cadute dovute alle convulsioni che mi lasciavano lividi.

Il mio corpo era stato un posto in cui non mi ero mai sentita accolta. Finché un anno fa ho trovato la forza di spogliarmi e cominciare a guardare tante parti di me che non avevo mai guardato, parti che volevo dimenticare.

Ho cominciato a raccontarmi, attraverso il mio corpo ed ho cominciato ad interessarmi a tematiche come il sesso, la sessualità, l’autodeterminazione dei corpi.

Ho iniziato con sempre meno pudore e vergogna ad espormi e a parlarne, perché quando sei nata e vivi in un paese di circa 2.000 abitanti vuoi che anche altre persone come te, dalle più giovani alle più adulte, comincino ad uscire dalla bolla del pregiudizio per iniziare a confrontarsi su temi scomodi.

Più ho iniziato ad esibire il mio corpo, ad esibirlo ed esporlo come strumento politico ma anche di liberazione personale, più le voci hanno cominciato a diventare critiche e giudicanti. Io ero una poco di buono, una troia e una esibizionista che non aveva a cuore la propria famiglia, la esponeva alla vergogna, utilizzava il proprio corpo per avere qualche like in più.

Ho cominciato ad essere presa di mira e giudicata da quelle stesse persone che poi mi scrivevano per farmi complimenti per niente richiesti, complimenti indirizzati al mio corpo.

La mia famiglia è stata posta al centro, perché io non ne avevo rispetto, mi mostravo e parlavo di determinati argomenti senza pensare che li esponevo alla vergogna. Da qualche voce si è passati a voci sempre più alte, tra i messaggi mi si diceva che il mio modo di divulgare informazioni e contenuti avrebbe solo fatto del male ad altr. Fino al giorno in cui mi è stato chiesto, con un tono che mi ha spezzata dentro: “Non pubblichi niente sui social dove possono leggere le persone della tua famiglia, eh? Il coraggio non ce l’hai”.

Dalla mia piccola realtà siamo passati agli insulti sul mio profilo, commenti sotto i miei post: sempre più persone a cui non riuscivo a dare un volto, perché se crescevano i profili che sembravano supportarmi, così crescevano quelli che arrivavano solo per denigrarmi.

Ho pensato per un attimo di fermarmi e di dargliela vinta. Mi sono sentita una piccola, piccolissima donna che non aveva più forze. Mi mancavano le forze per reagire, per spiegare quanto tutto questo fosse importante per me. Ho pensato per un attimo che forse avevano ragione, non ero altro che una esibizionista. È stato solo un attimo, solo uno. Ho ritrovato tutte le mie forze e ho capito che la risposta era solo una: non dovevo spiegazioni a nessuno.

Ad oggi rivendico il mio diritto ad essere una esibizionista, una poco di buono, se così pensano di etichettarmi. Non ho più la necessità di dare spiegazioni. Ho imparato che tutt hanno l’abilità di gettarti fango addosso se possono nascondersi dietro uno schermo o nella loro tastiera.

La mia forza non è sempre inesauribile, ogni tanto cado ancora e ogni tanto ho bisogno di un supporto maggiore; so però che, fino a quando ci sarà qualcun che penserà di insultarmi definendomi esibizionista o troia, non potrò restare in silenzio, perché dovrò alzare la voce e ricordare che no, troia non è un insulto.

Lo stigma della nudità come atto impuro è ancora molto forte e cela dietro di sé un sistema di sovrastrutture difficile da scardinare. Il cammino da fare è ancora davvero lungo e costellato di pregiudizi, ma sono sicura che le voci stanno aumentando e si stanno alzando.



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One response.

  1. Peppe papà di Virginia ha detto:

    La verità vi renderà liberi l’ho detto Gesù nel vangelo di Giovanni
    Continua nella verità e rispetta sempre chi non la vede e Pansa come te.

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