
Senza limiti d’età
Marzo 7, 2019
Vivo e lavoro ad Haiti da un anno e qualche mese. Da sei settimane circa ho l’opportunità di lavorare in una delle zone più pericolose, più difficili e più povere di Port au Prince, Cité Soleil.
Il centro dove svolgo una parte delle attività del mio progetto è frequentato da tutte le persone che vivono nelle vicinanze e in particolare da bambini, tantissimi bambini.
Un episodio in particolare, accadutomi più volte, con bimbi che mi conoscevano per la prima volta, mi ha fatto riflettere sugli effetti della discriminazione, sulle conseguenze di discriminare e considerare inferiore una persona, grande o piccolina, perché non bianca.
Tre, quattro bambini e bambine che si avvicinano a me, senza timidezza e senza paura, allungando le loro mani verso le mie; le stringono, le osservano con attenzione; accarezzano le braccia, piano, piano, verso l’alto e verso il basso, con occhi interessati, incantati, ammaliati. E nel mentre sussurranno, “ou bèl, ou bèl”, sei bella, in creolo. Stesse parole che ripeto loro, accarezzando la loro pelle, le loro braccia.
La sensazione che percepisco da questo tipo di contatto non è piacevole. Il modo in cui mi viene detto “ou bèl” rimarca una differenza, che è chiaramente palese ma a cui viene dato un valore sbagliato. Bianco non è più bello. Bianco non è meglio.
Il valore di una persona non dovrebbe essere racchiuso nel colore della sua pelle, semplicemente perché non lo è, ma l’episodio che ho vissuto mi suggerisce che ciò non è così evidente. E se questo è il pensiero di persone ancora piccole, che si stanno affacciando al mondo e che devono essere accompagnate in un percorso di crescita personale e sociale, allora posso dire che la discriminazione non rispetta neanche i limiti di età.