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Ottobre 9, 2018
Ho sempre vissuto in un piccolo paesino che ancora oggi considero una piccola oasi felice, con un’ottima scuola, brave famiglie, dove ho sempre condotto una vita nel complesso libera e serena. Perciò, nel momento in cui ho dovuto trasferirmi a Torino per frequentare l’università, ero una ragazza ingenua e inconsapevole di cosa significasse vivere in una realtà più grande.
È proprio in questi ultimi anni vissuti a Torino che ho realizzato cosa comporta essere una ragazza. Uno degli episodi che più ha lasciato un segno dentro di me è accaduto su un autobus a sera tarda. Ero accompagnata dal mio ragazzo e altri due amici. Di fronte a me e alle spalle del mio fidanzato, un uomo ha iniziato a fissarmi insistentemente. Dopo qualche minuto, è andato oltre, leccandosi le labbra e i denti ogni volta che incrociavo il suo sguardo. Non avevo mai provato una sensazione del genere: mi sentivo estremamente umiliata, a disagio con me stessa, volevo scendere da quell’autobus il più in fretta possibile. E la cosa peggiore era che soltanto io, sul sedile dove ero seduta, potevo vederlo: mentre i miei amici continuavano a ridere e scherzare tranquillamente, io tenevo gli occhi abbassati, piena di vergogna. Non so cosa sia scattato in me a quel punto, sono riuscita a reagire, forse perché ero consapevole che avrei avuto il supporto dei miei amici. Mi sono rivolta a quell’uomo infastidita, gli ho intimato di smetterla di importunarmi. Lui ha reagito prendendomi per pazza, consigliandomi di andare da uno psicologo ed è sceso alla fermata successiva.
Sono questi tipi di episodi, le occhiate insistenti, i commenti dei passanti e i fischi che hanno iniziato a farmi chiedere ogni giorno se ho indossato una gonna troppo corta o un abbigliamento troppo volgare, che mi fanno sentire poco sicura di me e alimentano una paura che mi è sempre più difficile domare quando, per esempio, devo rientrare a casa tardi dopo la palestra. Quello che mi sconvolge di più è che le occhiate o i commenti di cui parlo non mi vengono soltanto rivolte dal genere maschile, ma anche da donne che probabilmente hanno interiorizzato quel maschilismo che permea ancora l’intera società.
Tutto ciò mi fa arrabbiare, mi fa sentire debole e impotente di fronte a un mondo che funziona in un modo per le donne e in un altro per gli uomini, mi fa sentire discriminata, costantemente giudicata e mi fa desiderare di tornare in quella bolla di felicità e ingenuità in cui ho vissuto tutta la mia infanzia.