
Il lato nascosto dell’advocacy
Maggio 7, 2020
“Ma chi sei?”, “ma che dici?”, “sei una bugiarda”, “non eri davvero borderline”, “non stavi male davvero”, “ti pagano per dire queste cose” e potrei continuare.
Avevamo appena rilasciato il video “Uscire dal border” su YouTube e messaggi come questi era all’ordine del giorno quando fondai
@emergenzaborderline.
La pagina Facebook, i gruppi chiusi che frequentavo, messenger: intasati di roba così. In pratica le persone alle quali volevamo rivelare che la malattia mentale può non essere una condanna a vita, vomitavano risentimento. Ero diventata il bersaglio al quale lanciare le freccette.
Non me lo aspettavo, proprio come a suo tempo, non mi aspettavo di potermi lasciare il disturbo borderline alle spalle. La vita è piena di sorprese.
Prima di avere:
– la validazione della comunità scientifica;
– gli inviti da parte di terapeuti in tutta Italia;
– un’intervista rilasciata dal Primario del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia del San Raffaele sul blog;
– collaborazioni con strutture e privati;
– eventi patrocinati dal Comune di Milano, dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano;
prima di tutti questi riconoscimenti altisonanti, ero solo una bugiarda in cerca di attenzione.
Federica Carbone