Edipo, Elettra e la misoginia interiorizzata
Febbraio 24, 2020
Sono un ragazzo bianco, cisessuale, gay di 26 anni e le storie che vi racconterò mi vedranno protagonista in due modi diversi.
Sono stato vittima di discriminazione al liceo durante l’ora di religione. La prof stava parlando di complesso di Edipo ed Elettra come se fossero dati scientifici invece che teorie perlopiù oggi rivisitate e editate e un compagno di classe le ha domandato se secondo lei ci fossero studenti gay a scuola. Lei ha risposto sorridente: “Speriamo di no” e ha tirato avanti. Orrendo quando la religione diventa un pretesto di odio. Uno di questi giorni dovrò andare sotto casa sua con un vassoio di pasticcini e chiederle di chiarire.
Avrebbe dovuto far di meglio che esprimere le sue credenze omofobe di fronte a dei 15enni, dato che in una scuola di 200 studenti sicuramente ci saranno state persone LGBTQ, probabilmente anche tra il personale della scuola.
La cosa che mi fa più male è che poi queste persone sono le stesse che in genere si dicono preoccupate per la salute psichica ed emotiva dei giovani LGBTQ perché siamo più a rischio di depressione, ma si rifiutano di capire che la causa di tutto è la loro discriminazione nei nostri confronti.
Ma non sono solo stato vittima, ho vestito anche i panni di chi discrimina in un periodo di studi a Berlino. Non è stato facile riconoscerlo perché, fino a quel momento, in Italia mi ero sempre presuntuosamente considerato una punta di diamante di diritti civili e uguaglianza.
In quell’occasione, gli studenti internazionali hanno formato un gruppo compatto e tra questi mi sono avvicinato agli altri studenti maschi omosessuali. Con loro uscivano delle ragazze del Nord Europa che ho classificato il primo giorno come imbarazzanti e volgari: parlavano a voce alta in mezzo alla strada delle loro esperienze sessuali, entrando nei dettagli e soffermandosi sui particolari e qualcosa dentro di me si contorceva all’idea di sentir dire certe cose da certe persone. Questo ha fatto sicché, prima di uscire con loro, le prime volte cercavo con delle scuse di capire se le ragazze sarebbero venute o meno e magari mi tiravo fuori all’ultimo momento.
Mi ci sono volute due settimane per capire che il problema ero io, che quelle ragazze che oggi sono amiche, si esprimevano con gli stessi identici modi con cui si esprimevano i ragazzi gay. La differenza la faceva la mia misoginia interiorizzata.
Il volume di voce alto nel raccontare nei dettagli un’esperienza sessuale che era motivo di riso quando ne parlava un ragazzo e motivo di vergogna quando ne parlava una ragazza mi ha fatto capire che non ero stato indenne alla narrativa del maschio come creatura sessuale e della femmina come creatura angelica che purtroppo continua a essere raccontata in Italia. Mi sono scusato in momenti diversi con ognuna di loro e spero di aver imparato la lezione che vivendo in una società omofoba, misogina, razzista e abilista, alcuni tratti discriminatori devo averli normalizzati, accettati e fatti miei mio malgrado e devo essere pronto a lavorare per liberarmene.