Complice involontaria

Ottobre 3, 2018



Circa 5 anni fa in vacanza mi sono trovata a dover oltrepassare una frontiera con lo scooter insieme al mio fidanzato, balbuziente dalla nascita. Ci avevano fermato perché avevano trovato delle irregolarità sui documenti del mezzo, che dai loro terminali risultava rubato.

In effetti ci era stato davvero rubato, ma circa due o tre anni prima: avevamo sporto denuncia di furto, ma avendolo poi ritrovato avevamo fatto anche quella di ritrovamento, che non era stata registrata dalle forze dell’ordine!

Per recuperarla abbiamo dovuto fare diverse telefonate al posto di polizia che si era occupato di questo caso con l’aggiunta di difficoltà dovute al trovarci all’estero (lingua diversa, costo elevato delle telefonate). Il poliziotto italiano ha sempre parlato al telefono con il mio fidanzato fino a quando, casualmente, ho risposto io alla chiamata: da quel momento in poi non ha più voluto parlare con lui ma solo con me perché io non balbettavo e la comunicazione risultava più veloce.

In quel frangente il mio fidanzato è stato molto discriminato, subendone tutte le conseguenze emotive del caso (sentirsi inferiore, inadeguato, umiliato).

Lui non ha detto nulla al poliziotto mentre si è “raccontato” con me, mi ha parlato di come si sentiva e di quello che provava. Io ho cercato di trasmettergli tanta fiducia in se stesso, tutta quella che riuscivo dicendogli che la discriminazione era capitata solo perché eravamo al telefono, mentre se avessimo parlato con il poliziotto di persona magari non sarebbe successo.

Lui mi ha anche confidato che, proprio a causa della sua balbuzie, si è trovato molte volte in situazioni simili a questa, e che ha sempre cercato di superarle facendo molti sforzi psicologici su se stesso, mai riuscendo controbattere con il suo interlocutore.

Mi sono sentita molto in imbarazzo nei suoi confronti perché, nonostante il mio desiderio di aiutarlo, mi sono ritrovata complice involontaria di questa discriminazione.



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