Combattere la discriminazione attraverso le relazioni

Novembre 8, 2018



La storia di discriminazione che voglio raccontare è quella che subisco da sempre, anche se solo negli ultimi 10 anni – grazie ai miei studi e al mio lavoro – sono riuscita definitivamente ad inquadrarla. La annusavo da sempre, però, ancor prima di cominciare il percorso universitario, prima di addentrarmi negli studi di genere, prima di diventare formatrice ed un’operatrice per alcuni centri antiviolenza e attivista per i diritti civili.

Subisco da sempre episodi di discriminazione per il fatto di essere donna. Da ragazzina mi lasciavano tanta rabbia addosso. Non capivo perché – non essendo particolarmente bella o avvenente, ma solo una ragazzina spensierata – trovassi sempre uomini in grado di farmi sentire un oggetto.

Studiare, purtroppo, non mette al sicuro da questi comportamenti. Li continuo a subire, infatti, da uomini che il più delle volte, per il divario di età, potrebbero essere genitori o, anche, miei nonni.

Li ho subiti sul lavoro – quelli, forse, che mi hanno fatto più male in assoluto – quando mi hanno detto che avrei potuto far carriera in un lampo, se solo mi fossi concessa al responsabile dello spazio in cui lavoravo, circa otto anni fa. Li subisco ogni giorno quando per strada qualcuno mi fischia, o fa apprezzamenti che assolutamente non vorrei ricevere che mi fanno sentire sporca e tanto arrabbiata.

Subire discriminazioni di questo tipo mi ha portato a chiudermi per diverso tempo dentro un certo tipo di rigore, di freddezza, sacrificando la femminilità per paura che fosse quella a scatenare tutte queste attenzioni non volute. Ci ho messo un po’ a capire che questi comportamenti prescindono da tutto: non importa come sono vestita, se sono truccata o no, cosa indosso: la discriminazione passa dal loro sguardo e mi annulla come persona rendendomi indifesa, rendendomi solo “carne”, a loro uso e consumo.

Ci ho messo molto a riconquistarmi e sono convinta di avere ancora parecchio da fare a riguardo; un grazie speciale lo dedico al mio compagno che mi aiuta spesso a buttare giù questo “muro” che costruisco quando mi sento fragile. Con lui posso permettermi di riflettere e coltivare la femminilità e una sessualità svincolata da qualsiasi forma di discriminazione in grado di alimentarsi, solo, del piacere che è sempre reciproco.

Un grazie, poi, lo dedico alle tante sorelle e fratelli che ho conosciuto grazie al lavoro, agli studi e alle battaglie e che mi hanno fatto capire cosa sia il femminismo e perché – come dice Chimamanda Ngozi Adichie – tutti/e dovremmo impegnarci per essere femministi/e.

Oggi so che continuerò a provare sulla mia pelle episodi di questo tipo – la discriminazione di genere c’è ed è sempre molto potente – ma so anche che non sarò mai più sola nel doverli affrontare.

Alessia Dulbecco Bogani


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