Transgender Day of Remembrance

by / Novembre 20, 2019



Le persone trans vivono ancora oggi forti discriminazioni.

La prima – forse quella che contiene anche le altre –  è l’invisibilità: le persone trans esistono come categoria più che come soggetti: sono “i trans”, soggetti indefiniti anche quando si parla di loro per qualche fatto di cronaca, spesso violento; soggetti di cui si ride, perché ci appaiono strani, eccentrici, diversi.

Alle persone trans si guarda ancora  – purtroppo – con occhi pieni di stereotipi: sono solo persone che non si piacciono, che ricercano interventi estetici, individui da curare, malati psichiatrici. Sono invisibili negli ospedali – dove spesso mancano i farmaci che servirebbero per le terapie ormonali – sono invisibili in società, dove una legge ormai vecchia permette il cambio del nome e del sesso anagrafico solo in seguito all’intervento di riconversione sessuale. Senza un’identità, con il deadname che li/le insegue in qualsiasi circostanza, sono a rischio marginalità e violenza.

Per queste ragioni, oggi ricorre un giorno importante: il Transgender Day Of Remembrance (TDOR).

​Il TDOR nasce nel 1999 quando Gwendolyn Smith decide di celebrare e ricordare Rita Hester – una donna nera transgender  molto attiva nella sua comunità – uccisa una notte di novembre del 1998 nella sua casa a Boston. Rita, colpevole di essere se stessa è stata una delle tante vittime che in quell’anno trovarono la morte per mano di persone accomunate da una stessa caratteristica: l’odio verso le persone trans.

Smith comincia quindi a parlare con la comunità trans, ad ascoltare chi stava vivendo altre forme di violenza, così simili a quelle vissute da Rita. Decide quindi di dar vita ad una fiaccolata in cui ricordare le vittime, sensibilizzando contemporaneamente la comunità rispetto a questo reato d’odio.

Era l’odio, infatti, il minimo comune denominatore dei fatti accaduti: Rita e le altre vittime che in quegli anni avevano trovato la morte (Brandon Teena, Chanelle Pickett, Gwen Araujo e Marsha P. Johnson, per citarne alcun*) erano state uccise proprio per il loro essere trans.

​Quest’anno ricorre il ventennale di questo giorno significativo il cui filo conduttore resta sempre lo stesso: la consapevolezza. Si tratta infatti di un evento importante per sensibilizzare al fatto che, ancora oggi, un gruppo di persone sia portato a vivere con difficoltà, ghettizzato, marginalizzato e a volte ucciso per il solo fatto di manifestare la propria identità.

​Il fenomeno che porta le persone trans a subire queste ingiustizie ha un nome, si chiama transfobia. Una volta l’anno bisogna ricordarlo, nominare questo crimine, obbligare tutt* a guardarlo e a prendere consapevolezza: è una delle due strade che può condurre alla parità. L’altra si può percorrere tutti gli altri giorni dell’anno e consiste nell’attivismo quotidiano.

​Dopo vent’anni di azioni resta ancora molto da fare ed è per questo che giornate come queste hanno ancora un senso. Sensibilizzare significa abbattere le barriere di discriminazioni e pregiudizi – oggi ancora molto significative – dando a tutta la comunità trans una visibilità e un riconoscimento che ancora non è stato loro concesso.

Sensibilizzare, inoltre, significa anche ricordare che i reati di odio esistono ancora. 

 

Ultimamente, grazie all’avvocata Cathy La Torre e ai fondatori di Tlon, è nata la campagna “odiare ti costa”, contro l’odio in rete. L’odio si sconfigge solo alzando la testa. È importante contrastare questi reati – on line e offline – in qualsiasi forma essi si manifestino. Commemorare una giornata come questa significa stare dalla parte di chi ancora è invisibile, facilmente attaccabile.

L’augurio, come affermava Gwendolyn Smith, è che giornate come questa, un giorno, non servano più.
Nel frattempo, lottiamo per una società più giusta.

​Alessia Dulbecco


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