“Quando Dio era una Donna”, Merlin Stone
by Ilaria Nassa / Maggio 7, 2020
Quanto una religione monoteistica influenza il nostro immaginario e la nostra percezione del mondo? Quanto adorare un Dio maschio influenza i rapporti di potere nelle società? Quanto un tipo di religione come questa legittima il potere maschile?
Da quando sono nata mi è stato detto che le donne sono naturalmente subordinate all’uomo. Anche da coloro che si considerano laici, atei o agnostici, questa tesi è supportata dal determinismo biologico darwiniano.
Tuttavia, come possiamo pensare di essere completamente liberi e sterili dalle influenze della società in cui viviamo?
Fin dall’infanzia ci hanno insegnato che è stata una donna a portare il peccato sulla Terra, che è stata lei la causa della cacciata dal Paradiso Terrestre. Anche gli Antichi Greci attribuivano a Pandora la causa di tutti i mali. Le donne sono sempre stata la causa del Male.
Crescere con la consapevolezza di essere delle peccatrici e delle streghe in qualche modo influenza il nostro modo di essere, di muoverci, di vivere il mondo.
L’immagine di Eva, la supposta responsabile della caduta dell’umanità, creata per il marito e dal marito, è in molti modi divenuta l’effige di tutte le donne. Come ha mai potuto svilupparsi un concetto simile?
È questo ciò che si domanda Merlin Stone (1931 – 2011), autrice, artista, accademica, femminista. Da quando, si chiede, Eva è diventata il simbolo di ogni donna? Come si è potuto passare alla venerazione della donna agli albori della civiltà alla sua completa sottomissione?
Nel 1976 pubblica negli USA (in Italia arriva solo nel 2006) “Quando Dio era una Donna”, dove spiega e divulga la sua lunghissima ricerca di dieci anni che le ha permesso di viaggiare nelle zone in cui si è sviluppata la civiltà umana: tra il Tigri e l’Eufrate, in Palestina, in Egitto, a Creta, in Cilicia e così via.
Questo sorprendente libro ci parla di un mondo che appare superficialmente dimenticato, ma di cui ne vediamo la sopravvivenza in alcuni simboli e racconti.
Le società delle origini
Quando durante gli anni scolastici ci ritroviamo a studiare la civiltà antica, solitamente partiamo dal Tigri e dall’Eufrate, in un’epoca che si aggira intorno al 5.000 a. C. (consideriamo che il periodo classico greco si aggira intorno al 3.000 a. C. e quello romano intorno al 1.000 a. C.). Tuttavia, la civiltà umana ha iniziato a svilupparsi intorno il 25.000 a. C.
In questo antichissimo periodo sono state prodotte quelle famosissime statuette raffiguranti corpi femminili. All’inizio della civiltà, infatti, le società erano matriarcali (il potere era in mano alle donne) e matrilineari (la discendenza era femminile). È solo nel 3.000 a. C. che le società cambiano fino a divenire patriarcali e patrilineari, come vedremo in seguito.
Se pensiamo poi che la scrittura sia stata inventata intorno al 3.000 a. C., dobbiamo immaginare che siano state queste società matriarcali ad aver dato il via all’agricoltura, alla cultura, ai primi traffici economici e commerciali.
Riflettiamo sulle volte che, leggendo i nomi al maschile delle civiltà primordiali, abbiamo immaginato uomini muoversi al di fuori delle case e donne rimanere in ambiente domestico.
I Greci, i Fenici, i Sumeri, i Babilonesi… Abbiamo sempre designato al maschile un popolo quando parlavamo della sua storia. Forse, sarebbe il caso di approfondire la questione. Infatti, Merlin Stone e altri studiosi durante le loro ricerche hanno compreso che in realtà erano le donne a essere al potere, ad aver sviluppato la scrittura, l’agricoltura, le tecniche artigianali, il commercio e così via.
Quanto cambierebbe la nostra percezione di queste società e della nostra odierna se cominciassimo a dire “le Greche, le Fenicie, le Sumere, le Babilonesi…”?
Il mondo è stato creato dalla Dea, Regina del Cielo
Agli albori della civiltà, era una Dea a essere venerata.
La Regina del Cielo aveva numerosi nomi, a seconda della popolazione che la venerava: Innin, Inanna, Nana, Nut, Anat, Anahita, Ishtar, Iside, Au Set, Ishara, Asherah, Attoret, Attar e Hathor. Questa Dea era la creatrice del Cielo e della Terra ed era stata lei a creare l’uomo. Come è ovvio che sia, se ci pensiamo bene. Sono le donne, infatti, ad avere capacità riproduttiva e sono esse a dare vita. Infatti, Merilin Stone ci informa che le prime popolazioni sulla Terra non correlavano l’atto sessuale alla riproduzione. Questi due momenti venivano visti come due momenti separati. Allora il parto era un momento quasi magico, in cui una donna dava la vita ad un essere umano di sua spontanea volontà. Inoltre, essendo la società di tipo matrilineare, non vi era la concezione del “riconoscimento” filiale: il nascituro, in quanto nato dalla donna, era su* figli*. Le donne, quindi, godevano di grande libertà sessuale e di un grande potere decisionale, economico e sociale. È un potere che noi, inserite in un contesto patriarcale, non riusciamo neanche ad immaginare.
Il figlio/sposo della Dea
La Regina del Cielo era anche chiamata Grande Dea e veniva identificata con il sole. Veniva spesso affiancata da un figlio o da un uomo più piccolo o più giovane, che poteva essere il compagno. Questi era sempre associato alla Luna.
In moltissime civiltà, come ad esempio quella egizia e quella sumera, una volta all’anno si pregava la Dea in quanto piangente e sofferente, poiché perdeva questo figlio/marito giovane.
Nella civiltà sumera, la prima sacerdotessa, che rappresentava Inanna, Regina del Cielo, ogni anno si sposava con un uomo più giovane di lei. Il marito aveva breve vita: investito dell’onore di giacere nel letto della Dea, veniva ucciso l’anno dopo, quando veniva venerata la Dea piangente. Dopo tre giorni, la prima sacerdotessa riprendeva marito.
In onore della Dea, il clero era composto da sole sacerdotesse. In alcune civiltà analizzate in questo saggio, se un uomo voleva entrare nel sacerdozio era costretto a castrarsi e a vestirsi con abiti femminili. Infatti, essere una donna era considerato un vero e proprio privilegio, un simbolo di potere.
I simboli della Dea: il fico e il serpente
Il fico sicomoro è un albero che produce un frutto molto tondo, di colore rosso, che cresce in grappoli. Era molto diffuso nella regione della Mesopotamia e si credeva che mangiarlo sarebbe stato come entrare in comunione con il corpo della Dea, ricevendo molta conoscenza.
I serpenti, invece, erano utilizzati durante i riti alla Dea: questi animali erano considerati esseri dotati di grande intelligenza e con poteri di preveggenza. Le sacerdotesse si facevano mordere dai serpenti per predire il futuro. Infatti il veleno di alcuni serpenti possono dare effetti allucinogeni.
Ciò è testimoniato dalle numerose raffigurazioni di serpenti in molte opere raffiguranti le dee. Perfino Atena, venerata molto prima dell’ “arrivo” di Zeus, è sempre raffigurata con questi animali accanto a sé.
Per noi il serpente, invece, è simbolo del male, è il Demonio, colui che ha convinto Eva a mangiare il frutto della conoscenza. Ma com’è successo che un animale dal significato così positivo diventasse l’archetipo del Maligno?
L’Ebraismo e gli Indoeuropei
Gli Indoeuropei, chiamati anche Ariani, popolazione che veniva dal Nord, erano un popolo di guerrieri. La loro società era di stampo patriarcale e patrilineare. Adoravano un Dio della luce: era il Dio del fuoco e del vulcano. Erano una popolazione nomade e si spostarono a Sud a partire dal 5.000 a. C. per conquistare le popolazioni del Mediterraneo. Gli Ebrei furono enormemente influenzati dagli Indoeuropei, tanto che il Dio ebraico è tuttoggi considerato un “dio della luce”. Perfino i Greci con Zeus, dio del fulmine, hanno ereditato questa immagine.
I racconti dell’Antico Testamento della Bibbia, in realtà, sono un monito per tutte le donne che praticavano i culti della Dea. Ciò lo vediamo soprattutto nella Genesi: Eva, che si avvicina al frutto della conoscenza (il fico sicomoro?) parla col serpente che la invita a disobbedire a Dio.
Come raccontare poi la potenza di questo Dio se non nella sua capacità creatrice? E come legittimare il potere dell’uomo sulla donna se non sottolineando che non è la donna a creare l’uomo, ma l’uomo ad aver dato vita alla donna attraverso una costola?
Persino oggi i ragazzi ebrei imparano a recitare questa preghiera quotidianamente: “Che tu sia benedetto nostro Signore, Re dell’Universo, per non avermi fatto nascere donna”.
Maometto ha affermato: “Quando Eva è stata creata, Satana ha gioito”.
Il mito ebraico della creazione entrò a far parte delle sacre scritture cristiane, insieme agli altri libri dell’Antico Testamento.
Le figlie di Eva
I miti della Dea continuarono a essere praticati fino al 500 d.C. Diminuirono gradualmente poiché ci fu una resistenza. Furono repressi con la forza quando il Cristianesimo divenne religione di stato, sopprimendo ogni rito “pagano”.
Merlin Stone ipotizza che nel Medioevo la caccia alle streghe sia nata da questo ritorno di culti rivolti alla Dea. Infatti, sono sempre state le donne a essere odiate dalla religione cattolica. Perseguitate, uccise, torturate, castrate, le donne avevano come unico modello la Vergine Maria, santa perché generatrice sottomessa all’ombra del marito e del figlio. Tutte le donne che non riuscivano a calcare questo modello sono state chiamate streghe o puttane.
Perfino il nome delle sacerdotesse della Dea ha avuto una traduzione erronea: quadishtu è stato tradotto da storici e linguisti come “prostitute sacre”, proprio perché, come detto, queste donne potevano usufruire del proprio corpo come meglio desiderassero. Al contrario, la traduzione corretta è “sacerdotesse sacre”.
Perché utilizzare il termine “prostituta”, alludendo alla libertà sessuale delle donne con un’accezione negativa e giudicante? Ciò dimostra che perfino nella lettura dei fatti antichi e della storia vi è una colonizzazione e un’interpretazione a seconda delle influenze sociali.
Tuttavia, Merlin Stone designa Mary Wollstonecraft, Sarah Grimke, Lucy Komisar, Emily Collins, Simone de Beauvoir e molte altre come le figlie di Eva. Ovvero, come coloro che sono state capaci attraverso le loro azioni e le loro parole a riportare a galla il potere femminile, a mostrare come il mondo odiasse le donne.
Allora, secondo Merlin Stone, analizzare e comprendere il mito antico della Genesi potrebbe dare potenza alle donne, perché non sentirebbero più gravare su di loro la colpa dei mali del mondo.
E forse, a partire proprio da quest’analisi e da questa consapevolezza, si potrebbe cominciare a costruire un mondo più paritario e giusto.