Postporno. Quando il porno diventa contronarrante

by / Aprile 15, 2020



Il mio primo approccio alla pornografia è avvenuto all’inizio delle scuole medie, quando un mio compagno ci mostrò dei video in cui vi erano attori che recitavano un amplesso. Erano i primi anni 2000, ancora non c’era internet come lo conosciamo noi oggi e certe cose non si potevano tanto chiedere o ricercare.

Ricordo quanto mi sembravano lontane dalla realtà quelle persone. Sentivo che c’era qualcosa di sbagliato, ma non riuscivo a comprendere cosa.

Per tutta l’adolescenza fino ad oggi, questo pensiero mi ha accompagnata e si è significativamente evoluto  quando mi sono avvicinata al femminismo. Ho iniziato a concepire il mio corpo e le rappresentazioni dei corpi delle altre donne come un qualcosa di unico e di diverso dal compiacimento dello sguardo maschile.

Negli anni ho intrapreso la lettura di molti testi femministi su questo tema, ma il libro Postporno di Valentine aka Fluida Wolf mi ha colpito profondamente per la semplicità e l’efficacia con cui affronta questa grande tematica: un “altro” porno, un porno femminista, inclusivo, in cui il piacere delle donne e delle minoranze viene rappresentato, è possibile?

“la pornografia era, e prevalentemente rimane, un prodotto di uomini per gli uomini. La ricerca del piacere, che non sia quella del maschio, non è immaginata, ed è tagliata fuori da ogni narrazione e rappresentazione. Sesso, sessualità, immaginari, pratiche, corpi, desideri e piaceri: questi termini sono stati insomma, fin dalla nascita della pornografia, definiti da una prospettiva maschile per la costruzione di un certo tipo di uomo: eterosessuale, bianco, dominante.”

È da questo concetto che Valentine parte per descrivere l’importanza di un nuovo modo di intendere la pornografia, il corpo e le rappresentazioni.

Dall’inizio degli anni ’80 nascono le sperimentazioni sul postporno (termine poi coniato nel 1990 da Wink van Kempen), ovvero un altro porno possibile che si presenta come fenomeno fluido, che sfugge a categorizzazioni e definizioni univoche, e non vuole presentarsi come movimento.

L’obiettivo è quello di decostruire l’immaginario pornografico tradizionale smascherandone i codici maschilisti, razzisti e abilisti (NdR: che discriminano le persone con disabilità) sovvertendo e sessualizzando lo spazio pubblico, dando voce e dignità sessuale a tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati e umiliati da esso.

Uno dei nomi più noti quando si parla di attivismo pro-sex è sicuramente quello di Annie Sprinkle, attivista, sessuologa, artista e sex-worker femminista che definì così il concetto di postporno:

“definire il postporno è un esercizio tanto assurdo come cercare di dare una spiegazione chiara, generale e molto al di sopra della sessualità di ogni persona.» Sono l* stess* protagonist*che scelgono di definire il loro attivismo “postporno”, partendo da se stess*, narrandosi dall’interno, raccontando il proprio corpo e i propri desideri.”

In questi termini, il concetto di pornografia è contronarrante poiché sono proprio i soggetti oppressi a dare una nuova narrazione di sé stessi e dei loro corpi.

Se guardiamo la rappresentazione delle figure femminili nel porno mainstream, sembrano dedite esclusivamente a dare piacere all’uomo, venendo  spesso degradate, relegate a un ruolo passivo in cui il loro godimento non è quasi mai contemplato e con una prevalenza di rapporti penetrativi. Oppure, le persone nere sono state a lungo ricondotte all’idea dell’“uomo-animale dagli istinti selvaggi incontrollabili e il pene enorme”, una rappresentazione razzista e lontana dalla realtà.

Questo perché, come afferma Valentine,

“per anni ci è stato fornito un unico immaginario sessuale che ha avuto un imponente e drammatico effetto culturale stabilendo il limite delle nostre possibilità, ingabbiando corpi e portando a desideri indotti; la pornografia mainstream è un dispositivo di potere culturale, sociale e politico facile da smascherare ma difficilissimo da smantellare, per la sua capacità di radicarsi e sedimentarsi. Quali sono i corpi degni di provare e provocare piacere? Quali sono i corpi desiderabili e quelli che hanno dignità sessuale? Quali corpi vengono rappresentati e quali sono esclusi dalla rappresentazione sessuale o trattati come soggetti passivi della rappresentazione? Quali sono le pratiche ammissibili e quali non, e su quali basi vengono stabilite?”

È per questo che abbiamo bisogno di una rappresentazione di tutti corpi e dei loro relativi desideri, rendendo la pornografia più inclusiva e oltre gli stereotipi.

Il concetto di postporno è infatti intrinsecamente legato ad una dimensione femminista (o meglio, transfemminista) e politica. Tutti quei corpi rappresentati sempre e solo come oggetti abietti della rappresentazione pornografica, divengono soggetti. Donne, lesbiche, gay, queer, trans, minoranze sessuali, devianti, corpi non bianchi, non binari, intersessuali, corpi deformi, persone disabili, malati oncologici, corpi mutilati, ora sono al centro della rappresentazione e, solo con la loro presenza, fanno saltare tutti i codici narrativi ed estetici.

Per questo, nella sua accezione contronarrante, il postporno non è la rinuncia alla rappresentazione della sessualità, ma la volontà di proporre nuovi immaginari, dando rappresentazioni dissidenti dalle norme e dai codici imposti.

Grazie alle attiviste come Annie Sprinkle, Candida Royalle e tante altre, si sta lavorando perché esista un altro modo per concepire il porno, affinché non resti appannaggio solo dell’uomo bianco etero cisgender.

Nell’attuale industria del porno, con tutte le difficoltà e limiti, possiamo citare come esempio Erika Lust: i suoi lavori cercano di rendere la visione del porno come inclusivo, promuovendo delle nuove visioni oltre i soliti giochi di potere che vedono nell’uomo il maschio alfa dominante.

Ma non solo. Non stiamo parlando soltanto del concetto di porno, di sesso, di rapporti. L’analisi di questo testo ci porta a riflettere su tantissime altre cose: sul corpo, sull’inclusione, sull’etica, sulla politica, sui diritti, sulle rappresentazioni. Perché, come afferma l’Autrice in conclusione,

“il postporno non è principalmente una questione di porno o di sesso ed è questa la differenza sostanziale rispetto a tutto il resto delle produzioni, ciò che lo rende un’esperienza di vita, almeno nel mio caso. Nella mia storia significa sorellanza, potersi finalmente specchiare, uscire dalla solitudine, raggiungere verità occultate, intraprendere un percorso di liberazione e guarigione personale. Non si tratta di guardare un bel prodotto eccitante, ma di guardare prima di tutto dentro se stess*, togliendoci a poco a poco tutte le bende che ci hanno messo sugli occhi per poi (ri)scoprirci e (ri)trovarci, in un processo continuo e infinito.”

La riflessione sul postporno è importante per educarci ad andare oltre gli stereotipi e, di conseguenza, infrangere i nostri taboo. Rifletterci ci porta a guardarci dentro, distruggendo molte delle gabbie mentali che abbiamo interiorizzato.

Perché un altro porno, un porno contronarrante, è possibile.



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