Anna e il mondo alternativo creato con l’immaginazione

by / Novembre 14, 2019



Una ragazzina dai capelli rossi, magra e con una borsa sgualcita (“Sono tutte le mie cose”) aspetta un uomo in una stazione. Quando arriverà Matthew Cuthbert, affermerà: “Ma noi avevamo chiesto un maschio.” Si apre così la prima stagione di Chiamatemi Anna (Anne with an E, il titolo originale), una serie televisiva canadese basata sul romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery, adattato da Moira Walley-Beckett. Viene trasmessa dal 19 marzo 2017 su CBC Television in Canada. In Italia è  su Netflix dal 12 maggio 2017 e la terza stagione uscirà il 3 gennaio 2020.


​Matthew, a questo punto,
trovandosi impossibilitato a rispedire la ragazzina all’orfanotrofio da dove arriva, deciderà comunque di portarla nella sua fattoria, dove vive con la sorella, Marilla. I fratelli Cuthbert, non essendosi mai sposati e essendo rimasti gli ultimi della famiglia, avevano deciso di adottare un ragazzo che potesse lavorare e portare avanti la loro casa.
Per uno sbaglio, l’orfanotrofio consegna a Marilla e Matthew la chiaccherona e entusiasta Anna, che inizierà a dare un nome nuovo al viale che percorre in carrozza con Matthew. Accanita lettrice di Jane Eyre, Anna si dimostrerà una ragazzina forte e risoluta, arricchendo la propria e la vita altrui di “immaginazione!”. 
Anna riuscirà a convincere soprattutto la restia Marilla a farla rimanere alla fattoria, dichiarando: “Le ragazze possono fare quello che fa un maschio e molto di più!
Nel corso della prima stagione, scopriremo che Anna è stata una bambina maltrattata e abusata e l’immaginazione, le storie e i libri sono stati gli unici modi per sfuggire a un mondo troppo doloroso. Anna, dapprima discriminata perché orfana, perché con i capelli rossi, perché brutta, conquisterà pian piano l’affetto di tutto il villaggio, dimostrandosi forte, determinata, piena di idee e molto intelligente.
Fonderà il primo corso di scrittura con due amiche. Salverà una casa dalle fiamme. Riuscirà a far parlare il silenzioso Matthew e ad ammorbidire la durissima Marilla.

Ma questa serie non tratta solo dell’infanzia, del bullismo e di come poter affrontare la crescita in un contesto difficile. 
Ci sarà il momento in cui una compagna di classe di Anna dovrà scegliere se continuare a essere una bambina o sposarsi. Ci sarà il momento in cui arriverà al villaggio una ricca zia di Diane, Avonlea. Anche lei una donna forte, Avonlea si troverà a piangere per il lutto per quella che è stata la sua compagna di una vita, Gertrude. Ci sarà il momento in cui un compagno di classe di Anna capirà di essere omosessuale. Ci sarà il momento in cui verrà messa in discussione la maschilità aggressiva e distruttrice. Ci sarà il momento in cui verrà descritta, attraverso lo spettacolo teatrale di Natale, l’ansia sociale. Si tratterà il tema della schiavitù, del razzismo e dell’immigrazione attraverso il viaggio di uno dei co-protagonisti, Gilbert. E così via…

La potenza del racconto di questa serie è nel suo mostrare tutti questi temi così come sono, nella loro semplice complessità. Nessun filtro o spiegazione: la definizione e la crescita del sé avviene tramite l’affermazione individuale dell’Io che spesso si incontra e spesso si scontra con l’Altro.

Un’altra serie contronarrante da mettere in lista.

​Ilaria Nassa


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One response.

  1. D ha detto:

    nel romanzo di Lucy Maude Montgomery non c’è traccia di questioni di omosessualità. Chi ha pensato questa serie ha deciso di appiccicare questioni puramente inventate, anche scene assolutamente improbabili all’epoca in cui è ambientata la storia. Più che controcorrente, mi sembra di scarsa qualità.

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