31 marzo, Giornata Internazionale della Visibilità Trans
by Ilaria Nassa / Marzo 31, 2020
Intervista a Cristina Leo
Oggi, 31 marzo, è la Giornata Internazionale della Visibilità Trans. Questa giornata è stata fondata nel 2009 dall’attivista trans Rachel Crandall per dare maggiore visibilità alle soggettività trans all’interno della comunità LGBT+. Infatti, fino a questo momento, l’unica data a loro dedicata era in occasione della Transgender Day of Remembrance o TDoR, ogni 20 novembre. Questa giornata, tuttavia, ricorda le vittime di odio transfobico e non è specificamente indirizzata alla visibilità e alla rappresentazione trans.
È solo dal 2014 che la giornata è stata adottata dalla comunità LGBT+ a livello internazionale.
Ho intervistato per l’occasione Cristina Leo, psicologa, attivista e prima donna trans ad essere stata nominata assessora per le Politiche sociali, Pari opportunità e Politiche abitative lo scorso novembre a Roma.
Cristina, grazie di aver accettato il nostro invito. Partirei con la prima domanda. Perché è importante questa giornata?
La Giornata Internazionale della Visibilità Transgender o TDoV ha la sua importanza per il fatto che per tanto, troppo tempo, le persone trans, non solo sono state invisibilizzate da un sistema binario, cissessista ed eterosessista che non le contemplava, ma che per decenni ci ha oppresse, negandoci il diritto all’esistenza e il diritto di parola.
Che significato ha per la comunità trans questa giornata?
La visibilità è un atto politico, è il riconoscimento dell’essere/esserci, della propria identità, della propria storia e della propria narrazione, imprescindibile dalla presa di parola, a lungo negata.
Ancora oggi la comunità trans è soggetta a forti discriminazioni. Quali sono le più forti che non permettono alle soggettività di emergere?
Purtroppo la transfobia sociale e istituzionale permeano tutti gli ambiti della vita del Paese.
Un contesto nel quale lo stigma è schiacciante è, sicuramente, quello lavorativo, perché le possibilità date alle persone trans sono veramente poche.
Una maggiore inclusione in ambito lavorativo, permetterebbe di scardinare tutta una serie di pregiudizi e stereotipi che sicuramente contribuirebbe a creare un circolo virtuoso verso un pieno riconoscimento dei diritti sociali e civili delle persone trans, ad oggi, spesso negati.
Ma le problematiche permeano tutti gli ambiti, penso alle nostre proteste dello scorso anno per la difficoltà di reperire farmaci a base di testosterone per gli uomini trans, ma ancora lo stesso complesso iter burocratico, medico, psicologico e legale per completare il percorso di transizione, che vorremmo più semplificato fino ad arrivare alla piena autodeterminazione.
Sei la prima assessora trans in Italia, senti di avere delle responsabilità in merito di visibilità?
Sento la responsabilità del ruolo che rivesto e lo sento nei confronti di tutte le cittadine e i cittadini, allo stesso tempo, certamente, anche nei confronti del movimento trans.
La politica canadese Charlotte Whitton, prima donna ad essere eletta Sindaca di una grande città canadese, Ottawa, dicharò: “Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile”.
Io devo impegnarmi almeno il triplo, ma lo faccio con determinazione ed entusiasmo.
Nei media vediamo spesso le persone trans tratteggiate per stereotipi discriminatori e parlare di loro in modo offensivo. Come potremmo rovesciare queste immagini e portarne di veritiere?
Già da tempo, attiviste e attivisti trans, si impegnano per combattere questi stereotipi discriminatori, che nascono da pregiudizi transfobici, proponendo delle narrazioni positive, ma purtroppo ogni qualvolta una persona trans appare in un contesto televisivo, quasi sempre scoppiano le polemiche da parte delle forze politiche più retrive e conservatrici del Paese.
Bisogna cambiare la cultura e questo richiederà tanto tempo.
La strada è lunga e irta di difficoltà, ma ce la faremo.
Cosa possiamo fare noi ogni giorno per far sì che le soggettività trans abbiano maggiore spazio? Qual è la nostra responsabilità in merito?
Quello che si può fare è sicuramente invitare in qualsiasi contesto culturale, delle persone trans, che sono esperte di quell’argomento, siano scrittori e scrittrici, poet@, artist@, medici.
In molti contesti pubblici anche all’interno del movimento transfemminista o del movimento LGBTI+, non è raro leggere di eventi nei quali fra le relatrici o i relatori sono assenti persone trans.
Ecco perché tutt’oggi la visibilità per le persone transgender, gender variant, non binarie e, aggiungo, anche intersessuali è fondamentale.
Un albero che cade in un bosco non fa rumore, una persona trans che parla ad un congresso ne fa, eccome.
Ringrazio Cristina Leo per essersi dimostrata disponibile a rispondere a queste domande.
Ho avuto modo di conoscerla a Roma e il confronto e il dialogo con lei, per me, è sempre stato fonte di grande ispirazione e di riflessione. Cristina è una donna forte, caparbia, determinata e sa esprimere la propria capacità e intelligenza con affascinante gentilezza.
Auguriamo, allora, a tutte le persone trans che abbiano l’opportunità di parlare ad un congresso di fare abbastanza rumore da scuotere gli animi della nostra società ancora troppo eteronormativa, cissessista, binaria e opprimente.